martedì 27 dicembre 2011

LE PORTATRICI CARNICHE




Un blog può anche servire a portare alla luce storie e fatti di un tempo mai dimenticati, come quello delle Portatrici  Carniche  grazie a chi ne ha raccolto la memoria portando  a conoscenza di tutti,  in una Italia dove ormai si è smarrito il senso dell’identità e  di valori come generosità, sacrificio, spessore umano,  la capacità di donarsi per una giusta causa.

C’è una piccola pagina della nostra storia, una piccola pagina sconosciuta ai più ma non per questo meno importante che riguarda, ancora  un volta le donne,  il loro coraggio e spirito di abnegazione.

Donne, e non è retorica, con la D maiuscola perché fu un atto di eroismo, durante la prima guerra mondiale, guerra tutta combattuta  sulle montagne, lungo una linea che aveva un’ampiezza di circa 16 km, accettare l’incarico di rifornire di vettovaglie e munizioni, per mancanza di collegamenti tra il fondovalle e la montagna,  i soldati impegnati al fronte. Erano donne che avevano un’età compresa tra i 14 e i 60 anni che non esitarono ad affrontare quotidianamente,  con la gerla sulle spalle carica di armi, munizioni e generi di conforto, un viaggio della durata di 4-5 ore giornaliere, fino a raggiungere i 1200 metri di quota lungo i sentieri impervi della montagna  portando a quegli uomini stremati dalla fatica e dalla logorante guerra di posizione non soltanto vettovagliamenti ma anche una carezza e sostegno morale.
Queste donne che la gerla la conoscevano bene, simbolo di fatica e di orgoglio femminile, partivano all’alba per ritornare al tramonto, e non fu raro vederle ritornare trasportando in barella qualche militare ferito o, addirittura morto. Ma la loro giornata non finiva là. Tornate a casa, altro lavoro, la casa, la stalla, i vecchi e i bambini da accudire e tutto fatto con santa rassegnazione aspettando il nuovo giorno per ripartire.
Il bilancio finale per queste donne che, disprezzando il pericolo per una giusta causa erano diventate facile bersaglio del nemico fu di tre donne ferite e una, Maria Plozner Mentil, di Timau, colpita a morte da un cecchino austriaco mentre assieme alla sua inseparabile amica si stava riposando dopo aver scaricato dalla gerla un pesante carico di munizioni. 



Questo anche in ricordo di mia nonna e di mia mamma, omonima e lontana parente dell’eroina morta, di tutte le volte che me ne parlavano come di un fatto ordinario, perché la loro vita era temprata alle fatiche e alle privazioni.  

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